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Castigat ridendo mores

Capire perché questo Euro ci ridurrà alla fame

Tre o quattro cose sulla moneta unica che i politici (quei pochi che sanno) non possono dirvi perché vi terrorizzerebbero

"Nel nostro tempo la sventura consiste nell'analfabetismo economico, così come l'incapacità di leggere la semplice stampa era la sventura dei secoli precedenti". Oggi queste parole che Ezra Pound scrisse più di cinquant'anni fa sembrano più che mai calzanti con l'attuale situazione economica e culturale, perché se ci ritroviamo in una condizione sempre più vicina allo sfacelo il motivo è da ricercare nel lavaggio del cervello al quale tutti, a cominciare dagli stessi uomini politici, siamo stati sottoposti negli ultimi trent'anni.
Ci è stato infatti inculcato nella mente che il debito dello Stato è un mostro in grado di divorare un'economia anche solida. E dopo che il terreno fertile era stato creato (imprimendo questo concetto nelle menti di tutti), è stata poi inventata la moneta unica europea, l'Euro, la moneta della stabilità: così stabile e così immune alla svalutazione e all'inflazione che nessuno Stato può emetterla, dato che può essere solo chiesta in prestito al mercato dei titoli. Spiegherò tra poco.
Chi segue il blog credo abbia avuto già una dimostrazione esauriente che il debito dello Stato non è affatto un pericolo per l'economia, anzi: per lo Stato, in determinati momenti, è assolutamente necessario indebitarsi, perché solo lo Stato può immettere ricchezza al netto nel circolo della ricchezza privata. Nessuno di noi, infatti, può creare ricchezza nuova. Per qualcuno che si arricchisce c'è qualcun altro che si indebita o si impoverisce e così via, in un circolo che funziona autonomamente solo quando il denaro viaggia velocemente.
Sappiamo tuttavia che il circolo della ricchezza privata, ciclicamente, può rallentare o arrestarsi per svariati motivi (una eccessiva tendenza al risparmio, disfunzioni del tessuto economico, uno schock esterno etc.), lasciando molti cittadini in condizioni di difficoltà. A quel punto solo lo Stato può intervenire per rimettere in moto il circolo, aumentando la spesa a parità di entrate oppure diminuendo le proprie entrate, dunque le tasse, a parità di spesa. In entrambi i casi indebitandosi per un breve periodo, il tempo necessario per rilanciare l'economia. Questo concetto che prima degli anni Novanta era assodato e accettato da tutti, ora, chissà perché, è completamente scomparso, e quei pochi che oggi provano a farlo ritornare, come gli economisti della Modern Money Theory, sono bollati come eretici. Non solo, da qualche mese ci è stato anche imposto il pareggio di bilancio. Da quest'anno, infatti, l'Italia sarà obbligata sempre ad avere i conti in pareggio perché così è stato recentemente scritto nella Costituzione. Vietato fare deficit (il disavanzo annuale), il che vuol dire condannare l'economia ad un'agonia lenta ed inesorabile.
Il motivo è semplice: se il debito non lo può fare lo Stato, chi lo fa? Risposta ovvia: lo facciamo noi, con le banche. Lo dimostrano i fatti: l'economia italiana non è ancora collassata proprio perché il risparmio, mediamente, è molto elevato (per ora), e ciò comporta che anche le banche siano in buone condizioni, tanto che nessuna banca italiana è fallita da quando è scoppiata la crisi. Viceversa, l'economia della Spagna è allo sfascio perché i cittadini hanno pochi risparmi e molti debiti con le banche, a loro volta con le casse vuote. E si badi bene che la Spagna è il primo paese più virtuoso in Europa in relazione al rispetto dei parametri di Maastricht, visto che ha ancora oggi un buon rapporto (70 per cento) fra debito dello Stato e somma dei redditi lordi dei cittadini (Pil): vale a dire che il paese ha un Pil uguale a 100 e il debito dello Stato è 70. Ciò nonostante, la Spagna, in questo momento, ha dati economici al livello della nostra Calabria e paga interessi sul debito molto più alti dei nostri. Credo che come esempio sia più che sufficiente per capire che il mostro vero non è il debito dello Stato, ma quello dei privati cittadini, tanto più che, quando è in corso una crisi, uno è alternativo all'altro. Se non c'è il primo c'è il secondo, e viceversa. Solo che il secondo è molto peggio del primo.
Le brutte notizie, purtroppo, non finiscono qui, perché a questo punto entra in ballo un altro fattore determinante per questa crisi che, rimanendo inalterate le cose, ci porterà alla catastrofe: l'Euro. In effetti oggi lo Stato potrebbe anche decidere di indebitarsi ulteriormente, cioé di produrre dei deficit annuali significativi (vale a dire superiori allo striminzito 3% consentito dai parametri di Maastricht), nel tentativo di rilanciare l'economia. Ma come ripagherebbe poi quei deficit di bilancio? Prima della moneta unica si ricorreva ad un sistema che ancora oggi adoperano gli Usa con il dollaro, il Giappone con lo yen, la Gran Bretagna con la sterlina: si copre il debito, o una parte di esso, imponendo alla banca centrale l'acquisto di una parte dei titoli del debito pubblico attraverso l'emissione di nuova moneta, correndo sì il rischio ipotetico di provocare inflazione, ma con la certezza di poter far fronte agli impegni di spesa senza dover dipendere interamente dall'aiuto degli altri.
Con l'Euro, invece, non funziona così perché non è una moneta sovrana. Quando l'Italia, per esempio, ha bisogno di una certa quantità di Euro per coprire un disavanzo annuale (o per pagare il vecchio debito accumulato, in effetti negli ultimi vent'anni abbiamo fatto solo questo) chiede i soldi in prestito al mercato dei titoli finanziari. In pratica lo Stato vende le proprie "azioni", incassa i soldi, e alla scadenza di quei titoli (Btp, Bot, Cct) restituisce il denaro agli investitori con l'aggiunta di un interesse. E' questo l'unico sistema con cui lo Stato può avere Euro quando le entrate tributarie non sono sufficienti per far fronte alle spese (non è il caso dell'Italia degli ultimi vent'anni) oppure quando deve restituire agli investitori il denaro ricevuto "in prestito" precedentemente, più gli interessi. In parole povere l'Euro si prende solo in prestito a interesse dai mercati finanziari, nessuno Stato dell'eurozona può emetterne a propria discrezione e la stessa Banca centrale europea lo fa solo in casi eccezionali. Morale della favola: gli Stati dell'eurozona diventano come un privato cittadino, se si indebitano devono ripagare il debito contratto con tutti gli interessi. Il che vuol dire, quindi, che lo Stato - come spiega ormai da anni il giornalista Paolo Barnard - non ha ability to pay, non è in grado di onorare autonomamente un debito e dipende interamente dai mercati finanziari, i quali per ovvi motivi hanno, come si suol dire, "il coltello dalla parte del manico" e possono quindi chiedere allo Stato gli interessi che vogliono. Lo Stato, dal canto suo, non può rifiutarsi di vendere se ritiene gli interessi troppo alti perché, non avendo una propria moneta sovrana, dipende totalmente dal mercato. Ecco dunque spiegato dove nasce la speculazione. Non è un caso che il Giappone (200% di rapporto debito/pil) o la Gran Bretagna (149% debito/pil), non vengano presi di mira dagli speculatori, pur avendo finanze pubbliche più disastrate delle nostre: possono coprire i debiti con propria moneta e dipendono dai mercati fino a un certo punto. 
L'unica cosa che l'Italia può fare, di conseguenza, è evitare di indebitarsi, ma questo poi comporta altre conseguenze spiegate all'inizio dell'articolo. E quand'anche lo Stato evitasse di produrre disavanzi di bilancio (il che, come dimostrato, è un disastro per l'economia), deve comunque pagare gli interessi sul debito contratto attraverso l'emissione di titoli e obbligazioni, e perciò neanche il pareggio è sufficiente: occorrerebbe produrre un avanzo, ma quando ciò non è possibile (anche perché significa chiedere sacrifici immani all'economia reale) abbiamo ancora bisogno dei mercati finanziari che ci prestano gli Euro.
La situazione, in definitiva, è quanto di più drammatico si possa immaginare: per l'economia, per la democrazia, per il nostro futuro. Chi ci ha portati dentro questa follia della moneta unica non sovrana, sapendo benissimo ciò che stava facendo, dovrebbe pagare. E pagare caro. Ma questo non succederà e francamente a questo punto non ci interessa più di tanto. Interessano invece le possibili soluzioni per uscirne fuori senza che la ritirata si trasformi in una rotta disastrosa. In realtà ne esistono pochissime, ma è già una buona notizia che ci siano, e alcuni esperti le hanno attentamente studiate. Ne parleremo prossimamente.
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